“Quei due”, Massimo Dapporto e Tullio Solenghi due attempati omosessuali, innamorati e caustici

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Una commedia sull’amore, quello che dura tutta una vita. Così appare “Quei dueStaircase – il sottoscala di Charles Dyer, su adattamento di Massimo Dapporto con Massimo Dapporto e Tullio Solenghi, per la regia di Roberto Valerio, in scena da questa sera al Teatro Quirino.

I protagonisti sono due uomini maturi, Charlie e Harry che fanno i barbieri e vivono un amore omosessuale. Loro sono intrappolati da circa trent’anni in una barberia londinese che è situata in un sottoscala, dove i due si torturano a parole, anche costretti a convivere in un luogo paralizzante dove l’odore del gas dalla vecchia caldaia che rovina l’aria del negozio. Sono dei personaggi stanchi e distrutti dalle dinamiche quotidiane che li portano a litigare incessantemente.

Eppure Harry e Charlie sono legati indissolubilmente e disperatamente l’uno all’altro da decenni. È forse proprio quell’amore ormai lacero e stantio, ma ancora capace di accendersi è l’unica cosa in grado di restituire un senso alla loro tragicomica parabola esistenziale. La solitudine fa paura ed è forse per questo che loro due malgrado tutto continuano a stare insieme. Harry non sopporta i segni del tempo che sono evidenziati sul suo corpo. La calvizie è il segno del tempo che passa e lui cerca di occultarla mettendosi un ridicolo turbante.

Per compensare un forte istinto materno inappagato e inappagabile, ricopre il compagno di amorevoli e soffocanti attenzioni accolte senza entusiasmo né gratitudine da quest’ultimo che, non si lascia mai sfuggire l’occasione per schernirlo e umiliarlo.

Charlie è un narcisista all’ennesima potenza, un attore fallito che millanta di aver goduto di una certa fama nel mondo dello spettacolo, in un passato ormai lontano e che vive nell’anonimato, ormai da decenni, al fianco di Harry. Da giovane è stato sposato, probabilmente per tentare di sottrarsi al senso di imbarazzo procurati da un’omosessualità accettata con fatica e per cui continua a provare vergogna, tanto da non riuscire ancora a confessarsi con la decrepita e disprezzata madre, abbandonata in un’orrenda casa di riposo. Due esistenze  offese e mortificate, come quelle di tanti altri omosessuali di quell’epoca, perseguita da una legge  la “Buggery Act” che fu adottata per la prima volta nel 1533 e abolita solo nel 1967. Si replica fino al 19 marzo.

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