Al teatro Ambra Jovinelli. “La gatta sul tetto che scotta”

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Di Paola Aspri

Non è certo facile confrontarsi con un testo di Tennessee Williams, soprattutto se l’assunto in questione è “La gatta sul tetto che scotta”, che fu un successo soprattutto per il film di Richard Brooks datato 1958 con due mitici attori come Elizabeth Taylor e Paul Newman. Il paragone con il film scordatevelo e accedete direttamente al dramma in tre atti di Williams. Gerardo Guerrieri lo ha tradotto e riportato alla sua versione originale con la direzione registica di Arturo Cirillo.

Mettere poi insieme due interpreti famosi nel cinema e nella fiction, fa registrare il tutto esaurito a teatro. Infatti, Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni, rispettivamente Margaret e Brick sulla scena, sono i beniamini televisivi sulla scia della serie tv “L’Oriana”, ma il teatro è una difficile prova per chi è abituato alla macchina da presa, a meno che non abbia l’esperienza di Marchioni che ha calcato le tavole del palcoscenico prima di approdare nella serie dove era “Il Freddo”.  Lavorare con Luca Ronconi ha fatto di lui un attore completo e nel ruolo di Brick riesce a convincere pienamente, il suo personaggio distaccato dalla realtà e vittima dell’ipocrisia è assolutamente ineccepibile, implosivo e nel finale deflagrante come tutto ciò che lo circonda. Fisicità e temperamento fanno di Vinicio Marchioni il più bravo della Compagnia, insieme a Paolo Musio nel ruolo del padre, anche lui raggirato dall’ipocrisia della sua famiglia e per questo affine alla situazione del figlio. Una doppia prova maschile riuscita, soprattutto nel momento del duello verbale tra i due quando la verità prende quota e li mette uno di fronte all’altro in un imbarazzante, ma dovuta esteriorizzazione dell’io. Vittoria Puccini non tralasciando la sua carismatica figura, mette in Maggie una nevrotica e collerica esteriorizzazione che sembra non collegarsi con l’altro interprete, troppi movimenti ed enfatizzazioni rischiano di disperdere una recitazione che andrebbe a tratti contenuta per dare allo spettatore il modo di scoprire l’esplosione di una donna in crisi di identità. La regia a volte scricchiola e non guida in maniera perfetta i suoi attori, è come se mancasse qualcosa nonostante il testo, che non perde lo smalto della sua tematica, sempre evergreen: la latente omosessualità e la menzogna, quest’ultima parte integrante dell’essere umano che costruisce la sua esistenza dietro una valanga di bugie, tutto per costruirsi un’immagine degna e di successo per una società in declino di valori.  Franca Penone, Salvatore Caruso, Clio Cipoletta e Francesco Petruzzelli si muovono bene su un palcoscenico dove le tematiche scottano e lasciano l’amaro in bocca, anche se il finale ritrova grazie alla sua protagonista, Maggie, un ritrovato valore della vita. Da vedere con riserva. Fino al 15 marzo.

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